Io, Coppi: l’Airone in prima persona
L’autobiografia postuma del campione scritta da Gabriele Moroni
I CANTORI fanno grandi glieroi, ma è quando gli eroi raccon-tano se stessi che la loro leggendaci commuove veramente. FaustoCoppi è stato fin qui cantato daschiere di superbi giornalisti escrittori, eppure è sempre manca-ta nel coro la voce che avrebbe po-tuto farci sentire alla sua ruota inquella irripetibile stagione di pol-vere, lacrime e sudore: la sua. IlCampionissimo aveva lasciato ne-gli anni – si può immaginare – in-numerevoli interviste, aveva an-che scritto parziali autobiografie,poi passate su quotidiani e riviste,ma non esisteva fino ad oggi unacompleta e intenzionale sua rievo-cazione della propria avventuraumana e sportiva. A colmare ilvuoto ha provveduto GabrieleMoroni, per una vita inviato delGiorno, cronista dalle suole robu-ste che non molla un caso o unpersonaggio se non ha cercato everificato non una, ma cento vol-te.
HA CONSULTATO, Moroni,biblioteche ed emeroteche, ha sac-cheggiato librerie di amici e cono-scenti, ha sentito numerosi “gran-di vecchi” dello sport, ha soprat-tutto attinto dalla sua antica fedecoppiana (ha già pubblicato Fau-sto Coppi Uomo solo, 1991, e Fau-sto Coppi. Solitudine di un cam-pione, 2009) per «allineare con ilmaggior ordine possibile lo sno-darsi di una vita breve e intensissi-ma». La vita dell’Airone, niente-meno, narrata da lui medesimo inuna singolare, postuma autobio-grafia, ricomposta da Moroni cu-cendo e infilando, e intanto rispet-tando la parola e le espressionidell’epico autore. Non ho traditonessuno è il titolo di questa «Auto-biografia del Campionissimo at-traverso i suoi scritti» (il sottotito-lo), pubblicata da Neri Pozza nelcentenario della nascita del mito(1919). Per Coppi la lealtà era unvalore assoluto: perdere la fidu-cia, mancare le speranze di unapersona cara erano per lui colpegravi, disonorevoli. Ricordandola morte del padre Domenico, co-sì scrive: «L’unico motivo di con-solazione fu per me che il babboprima di lasciarci, ebbe la confer-ma che il figlio non aveva traditole sue speranze». Fausto, quartodi cinque figli di piccoli proprieta-ri terrieri di Castellania (Alessan-dria), oggi ribattezzata in Castella-nia Coppi, ragazzo timido e all’ap-parenza gracile, s’innamorò del ci-clismo a scuola. La maestra,un’appassionata, raccontava deitrionfi di Girardengo, Guerra, e«ognuna di quelle imprese, a me,povero ragazzo di campagna, pare-va leggendaria: il racconto dellevittorie di Bottecchia al Giro diFrancia, conquistato alcuni anniprima, nel 1924 e nel ’25, mi com-muoveva fino alle lacrime». Se tut-ti ricordano lo stile asciutto ed ele-gante della pedalata di Coppi,nell’autobiografia del campionesi scopre via via uno stile lettera-rio di pari forza ed efficacia. Valgaper tutte il racconto di quella vol-ta che il giovane Fausto, 15 anni,garzone di una salumeria a Novi,andando al lavoro con la biciclet-ta prestatagli dal fratello Livio,s’imbatté in un gruppo di boriosiciclisti della domenica: «Mi piac-que l’occasione che mi si presenta-va di misurare le forze con quelledi alcuni corridori dilettanti cheai miei occhi di ragazzo stupefat-to sembravano dei veri “giganti”della strada». Quelli però non lodegnano di uno sguardo, ma poi,visto che il moccioso è sempre lì,uno dice a un compagno: «“Cosavorrà questo ragazzino che ci se-gue sulla bicicletta di suo non-no?”. Quella frase mi offese, sen-tii una vampata di sdegno salirmifino alla fronte e pensai che que-gli spacconi avrebbero meritatouna lezione. Punto sull’orgoglio,decisi di tentare un colpo: raccol-si tutte le forze, scattai, superai ilgruppetto e mi misi a tirare alla di-sperata. E loro, dietro, diritti suipedali a inseguirmi». Be’, FaustoCoppi era anche un ottimo scritto-re. E Gabriele Moroni ha il meri-to di avercelo fatto scoprire, per-ché sapevamo sì delle vittorie delCampionissimo, dei suoi record,della rivalità con Bartali, sapeva-mo anche delle delusioni e diqualche sconfitta, ma non chescrivesse con la stessa, semplicegrandezza. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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