Dal frate all’albergatore che ospitò la polizia
Voci dalla Zona Rossa – Storie e testimonianze nel libro di Moroni e Troianello
E’ forte la presenza dei bergamaschi in «Zona Rossa, testimonianze e storie dal cuore della pandemia», il libro edito da Meravigli, scritto da Gabriele Moroni, storico inviato del Giorno, e Tiziano Troianello, responsabile dell’edizione di Lodi. Raccolte, da una città all’altra della Lombardia, una a una, le voci compongono un unico coro che nasce dal- la tragedia collettiva. Tante storie che mostrano lo spiri- to di abnegazione, la solida- rietà e il coraggio di chi, du- rante l’emergenza, si è dato agli altri. Ce ne parla Gabrie- le Moroni. Delle voci bergamasche, chi l’ha colpita di più? «Quella di frate Aquilino Apassiti, 84 anni, che veste il saio dei cappuccini da quan- do ne aveva 12, cappellano del Papa Giovanni, con un passato di 18 anni da infer- miere e 25 da missionario in Amazzonia, dove ha combat- tuto malaria, lebbra, miseria e superstizione. Nel 2013 ha sconfitto un tumore al pan- creas, con un’aspettativa di sei mesi di vita, massimo un anno. Ha capito l’emergenza, entrando nell’obitorio. Di so- lito le stanze occupate erano dieci o dodici. Invece, arriva- vano bare su bare. Un giorno vide quella di un uomo che la moglie aveva accompagnato in ospedale tre giorni prima. Lei gli aveva chiesto una be- nedizione. Lui prese il cellu- lare e la chiamò, dicendole: “Signora, coraggio. Sono qui davanti alla bara di suo mari- to. Ho la mascherina. Pre- ghiamo insieme”». Gli ha chiesto se aveva pa- ura del contagio? «Mi ha riferito di aver vis- suto una vita lunga e bella, realizzando tanti sogni». Poi c’è stata la morte di don Fausto Resmini, per 33 anni il cappellano del car- cere di Bergamo. «È stato come perdere un amico, era un uomo mite, ma con una forza di volontà straordinaria: ha passato la vita al fianco degli ultimi. Nel ’78 ha fondato, a Sorisole, la Comunità don Milani per il recupero di ragazzi difficili. Nel 1990 sono nati il servizio Esodo e l’associazione In- strada per i poveri e gli emar- ginati. Per anni, alla stazione di Bergamo, un camper ha fornito i pasti. Ogni sera chi non sapeva dove dormire trovava nella sua comunità una quarantina di posti letto. Con lui sono 21 i preti della Bergamasca morti di Covid- 19». Come loro, ad avere la forza di darsi, in un mo- mento in cui tutti noi ci riti- ravamo, erano i medici e gli infermieri. «Uno di loro è Antonio Lo- da, che a 70 anni ha deciso di rimettersi il camice. La sua è una storia di ordinario eroi- smo. Trascorreva le sue gior- nate di lavoro (e rischio) alla Fondazione Cardinal Gusmi- ni di Vertova: 230 posti letto, 280 dipendenti, di cui 105 con la febbre, ma nessun tampone. E le mascherine, subito esaurite, le portavano ex pazienti che avevano aziende. Poi ci sono Angelo Vavassori, 53 anni, rianima- tore al Papa Giovanni, che si è ammalato. E, appena è sta- to meglio, ha lasciato il casco a un altro paziente. E Sange- etha Bonaiti, infermiera e mamma: nata a Bangalore, a due anni è stata adottata da una famiglia di Seriate. Ha scelto di tornare a casa, di non separarsi dai suoi tre bambini. Il suo è il coraggio della normalità». C’è anche tanta rabbia, dimostrata dall’esposto del comitato Noi denunceremo e dall’inchiesta della Procu- ra di Bergamo sulla manca- ta costituzione di una zona rossa a Nembro e ad Alza- no. Qual è la sua opinione in base alle testimonianze raccolte per il libro? «Non so a chi spettasse la competenza, ma andava isti- tuita. C’è stata l’inutile attesa dei 200 uomini in divisa che sono arrivati e se ne sono an- dati. Ho sentito Bruno Testa, da 36 anni gestore dell’Hotel Continental di Osio Sotto, che li ha ospitati per tre gior- ni, oltre ai sindaci di Nem- bro, Claudio Cancelli, e di Al- zano Lombardo, Camillo Bertocchi. Su questo punto va fatta assolutamente chia- rezza, sia per onorare la me- moria dei morti, sia per ri- spetto verso i vivi».
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